lunedì 7 dicembre 2009

Scoperta la danzatrice di Mitra

Scoperta la danzatrice di Mitra
RENATA MAMBELLI
La Repubblica
cronaca Roma 24-FEB-2006

UNA danzatrice che si muove leggera contro uno sfondo rosso pompeiano, in un volteggiare di gonne. È l'ultimo tesoro tornato alla luce nel complesso della Crypta Balbi. L'affresco, della fine del II secolo, è stato trovato meno di un mese fa durante i lavori di scavo del mitreo, un ambiente che era collocato nelle vicinanze dell'esedra che chiudeva il portico del teatro Balbo. Ancora da restaurare, l'affresco è stato scoperto sotto un cumulo di terra e recuperato con mille cure. Ora è appoggiato su un tavolo di uno dei camper del cantiere, protetto da un sottile foglio di carta. Forse sarà esposto l'8 e il 9 aprile proprio nel mitreo che sarà aperto al pubblico, in anteprima, durante la settimana della cultura. È questa una delle zone scavate più di recente del grande complesso archeologico, e chi vi scenderà, passate le due colonne che ne decoravano l'entrata, potrà fare un tuffo nei secoli e vedere in sezione lo spaccato delle civiltà che si sono sovrapposte dall'epoca imperiale fino al medioevo: sarà come affondare un coltello nella storia.
La Crypta Balbi è un museo molto particolare: tra turni musei romani è quello più attento a ricostruire, attraverso gli scavi, i mutamenti che si sono succeduti nella città, studiandone gli strati che si sono accumulati negli anni. Ha a disposizione
un patrimonio enorme da scavare: un intero isolato al centro di Roma, racchiuso tra via delle Botteghe Oscure, via Caetani, via dei Delfini e vicolo dei Polacchi, 7.000 mq con un patrimonio edilizio di 40 mila metri cubi, che fino a qualche decennio fa era un cumulo di macerie. La costanza della Soprintendenza archeologica di Roma ne ha fatto una miniera di reperti e un laboratorio.
Al mitreo si potrà accedere allungando il percorso che oggi i visitatori fanno per raggiungere l'esedra, scendendo nella parte più bassa dell'edificio, che è di due piani. 11 piccolo tempio dedicato al dio Mitra, tra il II e il III secolo, era stato nascosto - era un culto segreto — negli ambienti che, all'epoca del teatro, 1 secolo, erano dei magazzini. L'affresco appena rinvenuto era una parte della decorazione delle pareti del tempio. Ma dopo qualche tempo il tempio di Mitra fu abbandonato, e, quasi contemporaneamente, lo stato del grande complesso del teatro, con la cavea, il portico e l'esedra, cominciò a deteriorarsi: probabilmente i romani dell'epoca non avevano più i mezzi per curare la manutenzione di edifici così vasti e importanti. Verso il V secolo questi spazi diventano praticamente una discarica, anche se molti dei fabbricati sono ancora usati, come stalle e oppure come rifugi.
Sulle pareti che ora vengono riportate alla luce si susseguono, dopo gli affreschi del mitreo, altre pitture di minor pregio di qualche dimora patrizia, annerite dal fumo di bivacchi di chi viveva qui in tempi successivi: pentole, stoviglie, ossi di animali coprono i pavimenti. Ma alcune delle stoviglie sono di provenienza nord africana. Testimoniano che per molto tempo, anche quando la città e i suoi edifici erano degradati, le mercanzie continuarono ad affluire a Roma da tutto il bacino del Mediterraneo. Ricchi o meno che fossero, i romani si arrangiavano: lo scavo ha portato alla luce un'antica fontana riutilizzata verso il VII secolo come abbeveratoio per le bestie e poco lontano dal punto in cui è stata trovata la danzatrice una grande calcara serviva a fare la calce con gli antichi marmi che si accumulavano tra i detriti.
La colonna e il capitello trovati nello scavo, restaurati, saranno ricollocati nel luogo dove stavano anticamente, assieme all'altra colonna gemella che da anni orna l'ingresso del Museo. Unagrandescala, chiusa da un muro che forse è stato costruito quando era diventata pericolante, sale a un secondo piano al quale, per ora, non si può arrivare. Chi entra nello scavo si imbatte, al termine di alcuni corridoi, in porte completamente chiuse dai detriti e dalla terra. Sono porte che, aperte, porterebbero in altre stanze che attendono di essere
scoperte. Un dedalo di ambienti ancora tutto da sondare, all'interno dei quali possono essere imprigionate altre danzatrici, altri tesori.
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nota per il disegno, dal nostro archivio: Raffigurazione di un Rituale Mitraico

Moneta con Raffigurazione Mitraica

Moneta con Raffigurazione Mitraica

Statue di Dadophores

Statue di Dadophores

venerdì 4 dicembre 2009

mercoledì 2 dicembre 2009

Mitra e il sacrificio del toro


Mitra e il sacrificio del toro

Mitra e il re Antiochius

Mithra e il re Antiochius

Medaglioni mitraici da Tarsus - Cilicia

Medaglioni mitraici da Tarsus - Cilicia

Il Dio del Sole con una quadriglia

Il Dio del Sole con una quadriglia

Communione Mitriaca


Communione Mitriaca


I misteri di Mithra furono un dato importante a partire nell'Impero Romano.
Particolarmente complessi nel loro rituale, avevano la funzione di "iniziare" il fedele alla comunione con la divinità e ciò avveniva anche attraverso una cena di pane e vino.

Mithra - bassorilevo trovato a Londra

Mithra - bassorilevo trovato a Londra

Leontocephalous Kronos

Leontocephalous Kronos

Kronos Mitraico - Aeon o Tempo infinito

Kronos Mitraico - Aeon o Tempo infinito

Il Natale di Mithra


Il Sole 24 Ore, 07/08/2005
Il Natale di Mithra
I seguaci del «mistero» di Cristo temevano la concorrenza di culti troppo simili ai loro: per esempio, quello di Iside, detta Regina del Cielo
Nunzio Giustozzi

Le fonti letterarie ed epigrafiche abbondano di riferimenti sui Misteri ma offrono pochi particolari sulle modalità di celebrazione e sui contenuti teologici. Chi in mostra avrà la pazienza di soffermarsi davanti al volumen che si srotola per quasi centoventi metri a rivestire, come per un guinness dei primati, gran parte del Colosseo, comprenderà che la maggioranza delle testimonianze è costituita da notizie degli apologeti che, impegnati a difendere il "mistero" cristiano da ogni inquietante raffronto con quelli pagani, cercano di dimostrare la scarsa moralità di questi riti, fornendone con rude sarcasmo i dettagli più scabrosi e truculenti. È Prudenzio a coinvolgerci con una narrazione avvincente nel bagno di sangue rigeneratore, praticato dai seguaci di Cibele, che per ricevere la consacrazione si tatuavano con piccoli aghi ardenti. Non era questa la pratica più dolorosa, per la quale i sacerdoti ungevano la gola di tutti quelli che piangevano, infondendo a voce bassa e lenta il coraggio per la salvezza dagli affanni, come rivela Firmico Materno stigmatizzando gli errori delle religioni pagane. Felice, la Madre degli dèi, si procurava infatti coi delicati rasoi i suoi imberbi ministri! Si eviravano durante turbinose danze in un'estatica eccitazione, condividendo la sorte di Attis, che era stato salvato. Una corona di viole era sbocciata infatti dalle gocce di sangue del figlio-sposo, il suo corporestava incorrotto, icapelli crescevano,il mignolosi muoveva... Ben poco consona alla misurata concezione repubblicana di religio, la componente orgiastica dei riti in onore della Magna Mater, sfrenata divinità della natura selvaggia divenutagarante della sicurezza dello Stato, era stata subito epurata, tanto che l'esuberante clero frigio venne allontanato dai fedeli per vivere nella clausura dei santuari.Con Claudio il delirio tornò a far sguainare per strada i coltelli, a conficcarli dentro i muscoli, a squarciare le carni perché la crudeltà delle ferite faceva guadagnare il cielo. E su questo inutile martirio s'appuntano le critiche di chi credeva nel sangue di Cristo e intendeva confutare le eresie. Così non era ammissibile che, contro ogni pudore, nelle processioni dionisiache si cantasse l'inno in onore delle parti di cui l'uomo ha vergogna, forse svelate fra le pareti domestiche per istruire le giovani spose. Ma troppo oltre si spinge Tertulliano nel ritenere che la rappresentazione del membro virile nei recessi dei misteri eleusini costituisse l'oggetto dei sospiri degli epopti, ponendo sulla lingua il sigillo del segreto. L'arte nelle catacombe s'era d'altronde impadronita di altri simboli del dio, metafora del passaggio dall'uva al vino, trasformandoli in figure salvifiche di Cristo vincitore sulla morte. La possibile interpretazione soteriologica dei principali gesti di Mithra, unico dio orientale e maschile con una connotazione solare, come l'apertura di una fonte dalla roccia, presenta consonanze con l'interpretazione cristiana della mitologia di Gesù, mentre il fiero pasto consumato in comune nel l'accampamento delle tenebre al culmine della liturgia potrebbe richiamare lontanamente il banchetto eucaristico. Ma sebbene presto il compleanno di Mithra sarà rimpiazzato dal nostro Natale, anche questa somiglianza non è frutto di influenza diretta, ma è piuttosto dovuta al fatto che pagani e cristianivivevanonellostesso mondo e condividevano le medesimepreoccupazioni. Quelle che scioglieva benevola Iside, cui chiedere grazie e da invocare con preghiere assimilabili alle litanie mariane (le aretalogie). In queste lodi è la dea stessa, una sorta di Madonna dell'antichità, a partire dall'iconografia che la ritraeva con in braccio il figlio Horus, a definirsi Regina del Cielo. L'astinenza, anche sessuale, che suscitò le lagnanze dei poeti latini, era diventata prerogativa già allora dei suoi sacerdoti, intenti a decifrare segni aggrovigliati. Li avresti subito riconosciuti, con le teste rasate in segno di lutto, vestiti di lino per il colore della sua infiorescenza, simile all'azzurro dell'etere che abbraccia il mondo. Insieme a tutti gli altri ministri delle divinità orientali che affollavano gli innumerevoli luoghi di culto della Roma tardo-imperiale mantenendo l'abbigliamento esotico e la lingua del rito, spesso il greco, in cui erano stati scritti pure i Vangeli. Per un romano di quell'epoca non restava che l'imbarazzo della scelta a quale "santo" votarsi. Se fosse salito sul Gianicolo avrebbe potuto venerare in un piccolo santuario Baal come Iuppiter Heliopolitanus e la siriaca Atargatis, e assistere alla suggestiva, stagionale estrazione dell'idolo bronzeo di divinità che nasce e muore, avvolta dalle sette spire di un serpente, allusive alle sette sfere celesti, poi adagiato su una lettiga e coperto di offerte votive: uova, fiori, semi... Ma forse non sarebbe bastato a quanto si legge in un'epigrafe su un sepolcro di fanciullo: "In loro onore (di tutti gli dèi) sempre ho celebrato solennemente i misteri. Ma ora ho lasciato la dolce luce del sole; perciò voi, iniziati o compagni di ogni sorta di vita, dimenticate i sacri misteri, uno dopo l'altro: poiché nessuno può spezzare la trama del destino. E io, l'augusto Antonio, vissi (soltanto) sette anni e dodici giorni!".
(...)
All'ingresso del santuario veniva offerto il ciceone, una miscela densa di acqua, farina d'orzo e menta aromatica preparata secondo la ricetta della dèa: un antenato naturale dell'Lsd? Il rito segreto si svolgeva di notte nel Telesterion, in una sala quadrata fitta di colonne che non poteva ospitare la celebrazione di drammi sacri complessi. Dalla Stanza della Signora, una sorta di sancta sanctorum nel quale affiorava ancora viva la roccia, si sprigionava forse un'enorme fiamma al fragore di un gong che risuonava quando Kore veniva invocata. Clemente Alessandrino tramanda la parola d'ordine >>ho preso dalla cista; dopo aver compiuto l'atto, ho deposto nel canestro...<< circa i riti individuali compiuti dagli iniziati. Tertulliano attribuisce a questa cerimonia un simbolismo sessuale; in realtà poteva trattarsi di una più innocente macinazione rituale del grano. Una singola spiga mietuta veniva infatti contemplata in silenzio, mentre al grido collettivo "piovi! concepisci!" (ye, kye) sotto una luce splendente lo ierofante proclamava: "La dèa potente ha generato il sacro fanciullo Brimos, il Forte!". Doveva essere un'esperienza emotiva tale da non permettere di riferirne a parole: "il rispetto delle Dèe tratteneva la voce...". Non a caso la definizione di mysteria, che fu per la prima volta applicata ai riti di Eleusi, deriva dal verbo greco myein, "chiudere la bocca", piuttosto che gli occhi, dato che la "visione" era il clou della cerimonia, il mistico contatto con il divino, quando, a prestar fede ad Aristotele, non si imparava niente, pur ricevendo un'impronta indelebile. Nessuna meraviglia dunque che un complesso mitico-rituale come quello eleusino fosse presto attratto nella sfera politico-religiosa di Atene, divenendo uno dei suoi più importanti culti civici, utile a rinsaldare l'unità dello Stato. Accadeva così che i cittadini greci non ateniesi dovessero procacciarsi padrini locali, secondo l'esempio di Eracle, il primo straniero a essere iniziato, e chi avesse divulgato l'ineffabile, come era capitato all'ebbro Alcibiade, si macchiava di empietà ed era punibile con la pena capitale e la confisca dei beni. Ma quale segretezza speciale se l'iniziazione veniva vissuta da molte persone in una manifestazione "pubblica"? Più segreti erano i misteri dionisiaci che non venivano celebrati ufficialmente e in un santuario, in un'occasione non ripetibile altrove e in altri momenti dell'anno, ma in ambiti privati. A eseguirli erano soprattutto le donne, sebbene vi fossero ammessi anche i maschi, spesso giovanissimi. Non ci è dato di sapere cosa avveniva di notte all'interno delle pareti domestiche: lo immaginiamo ammirando le decorazioni della Villa dei Misteri a Pompei o della Farnesina in Roma. Un momento centrale del rito doveva essere la rivelazione del fallo in un vaglio per la spulatura (liknon) da parte dello ierofante che mostrava gli orghia, gli oggetti sacri, a ribadire l'importanza del "vedere" nell'iniziazione. Fondamentali anche la lettura dei testi sacri e la liberatoria bevuta finale. E allora si formavano cortei di iniziate danzanti nelle selve con corone d'edera, tirsi e fiaccole, gli attributi di Bacco, esaltate al suono di flauti e timpani fino a raggiungere l'estasi (l'essere fuori di sé) e l'entusiasmo (l'avere il dio dentro di sé). Ai monti, o Baccanti!
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nel disegno, dal nostro archivio:
Frammento di un bassorilievo scoperto a Virnunum nel Noricum

Ricostruzione di un Spelaeum mitriaco

Ricostruzione di un Spelaeum mitriaco

Dadophorus Mitraico

Dadophorus Mitraico

Il Dio Sole

Il Dio sole in un frammento di un grande bassorilievo da Virunum nel Noricum

Quel sangue di Mitra che voleva salvarci

Il Sole 24 Ore, 09/08/1998
Quel sangue di Mitra che voleva salvarci
H.K.

L'estate è tempo di riletture. E le riletture sono possibili anche grazie alle ristampe, di solito sfuggenti, nascoste. Ne segnaliamo una che conserva, a dieci anni dalla sua edizione italiana, un buon interesse. L'autore è Reinhold Merkelbach, storico delle religioni e filologo classico, autore di uno studio sui misteri di Dioniso (tradotto in italiano dalla Ecig nel 1991) e di un saggio su Mitra, che vide la luce nel 1984 e che fu tradotto dalla stessa Ecig nel 1988 (e ora eccolo ristampato). Che dire di questo libro? Si può considerare l'opera più importante di Merkelbach e in esso si trova anche una buona raccolta iconografica sul culto mitriaco. L'autore riporta e interpreta le numerose testimonianze, dai regni ellenistici a Roma e alle più remote province dell'impero. Si passano così in rassegna i vari momenti del culto: dalle origini persiane al malinconico tramonto in una Roma ormai mortificata dal proprio declassamento. Mitra fu anche il punto di coagulo della resistenza pagana contro il dilagare del cristianesimo. Va anche detto che non poche sono le analogie tra il culto mitriaco e la religione del Cristo. Molti si sono soffermati sul significato di sacrificio presente in entrambi; altri hanno sottolineato la concorrenza tra le due concezioni. Non dimentichiamoci che Giuliano Imperatore fu iniziato a questo culto e che esso si diffuse molto nell'esercito romano. Secondo l'antica versione, Mitra alle origini del mondo sgozza il Toro, simbolo della vita, per sottrarlo allo spirito del Male. Dal sangue che sgorga, nasce la vita: alla fine dei tempi questo sacrificio darà l'immortalità ai fedeli del dio. Questi, dopo l'atto sacrificale, sale al cielo e si unisce con il Sole.
(H.K.)
Reinhold Merkelbach, Mitra il signore delle grotte
Ecig, Genova 1998, pagg. 304, L. 40.000.

Silvano - Mosaico in una nicchia di un vestibolo mitraico a Ostia

Silvano - Mosaico in una nicchia di un vestibolo mitraico a Ostia

Rilievo di comunione mitriaca da Konjica

Rilievo di comunione mitriaca da Konjica

I Misteri di Mithra

David Ulansey
I Misteri di Mithra
Cosmologia e salavazione nel mondo antico
Ed. Mediterranee, Roma, 2001

Una nuova spiegazione delle origini dei misteri mitriaci basata sulla constatazione che la strana iconografia appartenente al culto tributato in epoca romana (dal I al IV secolo d.C.) al dio Mithras - derivazione, secondo lo studioso Cumont, del dio iranico Mithra - è un complesso codice cosmologico creato da una cerchia di filosofi e scienziati per tradurre in simboli la loro dottrina occulta.
Gelosamente custodita, la conoscenza esoterica di questa potente divinità era ritenuta una chiave di accesso privilegiata ai favori che essa poteva elargire: la liberazione dalle forze del fato che risiedevano nelle stelle e la protezione dell'anima durante il suo tragitto, dopo la morte, attraverso le sfere planetarie. Mithras era in grado quindi di accompagnare l'uomo nella sua esistenza terrena e ultraterrena e di portare a salvazione la sua anima.
Da questo punto di vista lo studio del mitraismo è estremamente importante per comprendere la matrice culturale da cui prese le mosse una religione ben più rilevante e duratura: il cristianesimo. Le due fedi furono infatti sorelle, si diffusero grosso modo nella stessa epoca e nella medesima area geografica, cercando di dare risposte differenti a un identico desiderio di trascendente.

dalla quarta di copertina

Indice - Sommario
Prefazione
Prefazione alla seconda edizione
1. I misteri di Mithras
2. Le stelle e il sacrificio del toro
3. Mithras e Perseo
4. Il culto di Perseo a Tarso
5. L'equatore celeste
6. il significato dell'uccisione del toro
7. il simbolismo cosmico del mitraismo
Epilogo
Bibliografia
Indice dei nomi e dei testi

Kronos Mitraico - Aeon o Zervan Akarana


Kronos Mitraico - Aeon o Zervan Akarana

Mitra. Il signore dell grotte

Reinhold Merkelbach
Mitra
Il signore dell grotte

Egic, Genova, 1998

PER QUALE RAGIONE IL CULTO DEL DIO PERSIANO MITRA, ORIGINARIO DI UN-PAESE NEMICO DI ROMA, TROVÒ LA SUA ESPRESSIONE NELL'IMPERO ROMANO, INCARNANDO LA RELIGIONE DELLA FEDELTÀ ALL'IMPERATORE?
PER QUALI MOTIVI GLI ANTICHI SIMBOLI IRANICI RAPPRESENTARONO LA STRUTTURA PORTANTE DI UN CULTO MISTERICO, CHE A ROMA EBBE A FONDAMENTO LA FILOSOFIA PLATONICA E CHE IN ORIENTE I SACERDOTI DI YAZD E DI KERMAN CONTINUANO A PRATICARE SECONDO L'ANTICO RITO, AMMINISTRANDO LA GIUSTIZIA NEL NOME DEL DIO MITRA E IMPUGNANDO LA MAZZA CON LA TESTA DI TORO?
COME SPIEGARE CHE L'INNESTO GRECO-PERSIANO SU CUI SI SVILUPPÒ UNA RELIGIONE ASTRALE E SOTERIOLOGICA MAI ATTECCHÌ IN GRECIA?

dalla quarta di copertina

Indice - Sommario

Premessa

Introduzione - IL DIO DELLA CACCIA, DELL'ALLEANZA E DEL SACRIFICIO
Parte prima - MITRA NELLA RELIGIONE PERSIANA
I. IL SACRIFICIO DEL TORO
II. MITRA E LO STATO "FEUDALE" DEI PERSIANI
III. MITRA E L'IMPERO DEGLI ACHEMENIDI
Parte seconda - I CULTI MITRAICI NELL'ETÀ ELLENISTICA
I. IL REGNO DEL PONTO, LA CAPPADOCIA E L'ARMENIA
II. LA COMMACENE
Parte terza - I MISTERI MITRAICI ROMANI
I. I LIVELLI DI INIZIAZIONE E LE DIVINITÀ PLANETARIE
II. I SINGOLI LIVELLI DI INIZIAZIONE
III. LUOGHI DI CULTO E CERIMONIE. CRONOLOGIA E GEOGRAFIA
IV. LA RELIGIONE DELLA LEALTÀ E L'IMPERO. L'ETICA DEL MITRAISMO
V. IL SACRIFICIO DEL TORO E LA COSMOGONIA
VI. LA RELIGIONE COSMICA DELLA TARDA ANTICHITA'. IL IV SECOLO
Appendice - I RACCONTI ARMENI
Note
Figure
Indicazioni bibliografiche
Indice analitico

Centro del grande bassorilievo di Heddernheim

Centro del grande bassorilievo di Heddernheim

IL DIO DELLA CACCIA, DELL'ALLEANZA E DEL SACRIFICIO

IL DIO DELLA CACCIA, DELL'ALLEANZA E DEL SACRIFICIO

MITRA CACCIATORE'"
Tra il 165 e il 256 d.C. la città di Dura-Europos, sull'Eufrate, era una fortezza di confine per la difesa contro i Parti, con una guarnigione costituita da due legioni e da truppe ausiliarie, formate principalmente da arcieri siriani. Gli scavi hanno portato alla luce un santuario dedicato a Mitra, con affreschi molto ben conservati, due dei quali raffigurano il dio come un arciere a cavallo, in costume persiano e nell'atto di uccidere gli animali che tentano di sfuggirgli e hanno conficcate sul dorso le sue infallibili frecce. Due animali accompagnano il cacciatore: un serpente che si attorciglia sotto il cavallo e un leone che, quasi un grosso cane da caccia; precede Mitra. Va precisato che il quarto grado di iniziazione ai misteri del dio era quello di Leone e che a esso accedevano i servitori di Mitra dopo aver superato, in tempi relativamente brevi, i tre livelli preparatori. Come si vedrà in seguito, il serpente rappresenta il secondo grado di iniziazione.
Dalle province germaniche ci è pervenuto un certo numero di rilievi raffiguranti Mitra cacciatore. Un rilievo girevole proveniente da Rückingen, presso Hanau, mostra sul retro, in alto, il dio con il lasso in mano tra gli animali in fuga, mentre sulla parte anteriore (qui non riprodotta) egli, catturato il toro, lo trafigge. Ancora sul retro, ma inferiormente, è raffigurato il banchetto conclusivo del cacciatore vittorioso (a destra dell'osservatore) e del dio Sole (a sinistra). La pelle del toro ricopre il tavolo, e il dio del sole alza con la destra un corno dell'animale, utilizzandolo come calice, mentre due servitori in foggia persiana porgono le vivande alle due divinità.

dall'introduzione di
Reinhold Merkelbach, Mithra Il Signore delle grotte, Egic, Genova, 1988
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nella foto del nostri archivio: Mitra arciere - dio del Vento - Bassorilievo di Mayence

Mitra nascente dalla roccia


Mitra nascente dalla roccia

Dedica a Mitra Nabarzes (Vittorioso )

Dedica a Mitra Nabarzes (Vittorioso )