mercoledì 2 dicembre 2009

Il Natale di Mithra


Il Sole 24 Ore, 07/08/2005
Il Natale di Mithra
I seguaci del «mistero» di Cristo temevano la concorrenza di culti troppo simili ai loro: per esempio, quello di Iside, detta Regina del Cielo
Nunzio Giustozzi

Le fonti letterarie ed epigrafiche abbondano di riferimenti sui Misteri ma offrono pochi particolari sulle modalità di celebrazione e sui contenuti teologici. Chi in mostra avrà la pazienza di soffermarsi davanti al volumen che si srotola per quasi centoventi metri a rivestire, come per un guinness dei primati, gran parte del Colosseo, comprenderà che la maggioranza delle testimonianze è costituita da notizie degli apologeti che, impegnati a difendere il "mistero" cristiano da ogni inquietante raffronto con quelli pagani, cercano di dimostrare la scarsa moralità di questi riti, fornendone con rude sarcasmo i dettagli più scabrosi e truculenti. È Prudenzio a coinvolgerci con una narrazione avvincente nel bagno di sangue rigeneratore, praticato dai seguaci di Cibele, che per ricevere la consacrazione si tatuavano con piccoli aghi ardenti. Non era questa la pratica più dolorosa, per la quale i sacerdoti ungevano la gola di tutti quelli che piangevano, infondendo a voce bassa e lenta il coraggio per la salvezza dagli affanni, come rivela Firmico Materno stigmatizzando gli errori delle religioni pagane. Felice, la Madre degli dèi, si procurava infatti coi delicati rasoi i suoi imberbi ministri! Si eviravano durante turbinose danze in un'estatica eccitazione, condividendo la sorte di Attis, che era stato salvato. Una corona di viole era sbocciata infatti dalle gocce di sangue del figlio-sposo, il suo corporestava incorrotto, icapelli crescevano,il mignolosi muoveva... Ben poco consona alla misurata concezione repubblicana di religio, la componente orgiastica dei riti in onore della Magna Mater, sfrenata divinità della natura selvaggia divenutagarante della sicurezza dello Stato, era stata subito epurata, tanto che l'esuberante clero frigio venne allontanato dai fedeli per vivere nella clausura dei santuari.Con Claudio il delirio tornò a far sguainare per strada i coltelli, a conficcarli dentro i muscoli, a squarciare le carni perché la crudeltà delle ferite faceva guadagnare il cielo. E su questo inutile martirio s'appuntano le critiche di chi credeva nel sangue di Cristo e intendeva confutare le eresie. Così non era ammissibile che, contro ogni pudore, nelle processioni dionisiache si cantasse l'inno in onore delle parti di cui l'uomo ha vergogna, forse svelate fra le pareti domestiche per istruire le giovani spose. Ma troppo oltre si spinge Tertulliano nel ritenere che la rappresentazione del membro virile nei recessi dei misteri eleusini costituisse l'oggetto dei sospiri degli epopti, ponendo sulla lingua il sigillo del segreto. L'arte nelle catacombe s'era d'altronde impadronita di altri simboli del dio, metafora del passaggio dall'uva al vino, trasformandoli in figure salvifiche di Cristo vincitore sulla morte. La possibile interpretazione soteriologica dei principali gesti di Mithra, unico dio orientale e maschile con una connotazione solare, come l'apertura di una fonte dalla roccia, presenta consonanze con l'interpretazione cristiana della mitologia di Gesù, mentre il fiero pasto consumato in comune nel l'accampamento delle tenebre al culmine della liturgia potrebbe richiamare lontanamente il banchetto eucaristico. Ma sebbene presto il compleanno di Mithra sarà rimpiazzato dal nostro Natale, anche questa somiglianza non è frutto di influenza diretta, ma è piuttosto dovuta al fatto che pagani e cristianivivevanonellostesso mondo e condividevano le medesimepreoccupazioni. Quelle che scioglieva benevola Iside, cui chiedere grazie e da invocare con preghiere assimilabili alle litanie mariane (le aretalogie). In queste lodi è la dea stessa, una sorta di Madonna dell'antichità, a partire dall'iconografia che la ritraeva con in braccio il figlio Horus, a definirsi Regina del Cielo. L'astinenza, anche sessuale, che suscitò le lagnanze dei poeti latini, era diventata prerogativa già allora dei suoi sacerdoti, intenti a decifrare segni aggrovigliati. Li avresti subito riconosciuti, con le teste rasate in segno di lutto, vestiti di lino per il colore della sua infiorescenza, simile all'azzurro dell'etere che abbraccia il mondo. Insieme a tutti gli altri ministri delle divinità orientali che affollavano gli innumerevoli luoghi di culto della Roma tardo-imperiale mantenendo l'abbigliamento esotico e la lingua del rito, spesso il greco, in cui erano stati scritti pure i Vangeli. Per un romano di quell'epoca non restava che l'imbarazzo della scelta a quale "santo" votarsi. Se fosse salito sul Gianicolo avrebbe potuto venerare in un piccolo santuario Baal come Iuppiter Heliopolitanus e la siriaca Atargatis, e assistere alla suggestiva, stagionale estrazione dell'idolo bronzeo di divinità che nasce e muore, avvolta dalle sette spire di un serpente, allusive alle sette sfere celesti, poi adagiato su una lettiga e coperto di offerte votive: uova, fiori, semi... Ma forse non sarebbe bastato a quanto si legge in un'epigrafe su un sepolcro di fanciullo: "In loro onore (di tutti gli dèi) sempre ho celebrato solennemente i misteri. Ma ora ho lasciato la dolce luce del sole; perciò voi, iniziati o compagni di ogni sorta di vita, dimenticate i sacri misteri, uno dopo l'altro: poiché nessuno può spezzare la trama del destino. E io, l'augusto Antonio, vissi (soltanto) sette anni e dodici giorni!".
(...)
All'ingresso del santuario veniva offerto il ciceone, una miscela densa di acqua, farina d'orzo e menta aromatica preparata secondo la ricetta della dèa: un antenato naturale dell'Lsd? Il rito segreto si svolgeva di notte nel Telesterion, in una sala quadrata fitta di colonne che non poteva ospitare la celebrazione di drammi sacri complessi. Dalla Stanza della Signora, una sorta di sancta sanctorum nel quale affiorava ancora viva la roccia, si sprigionava forse un'enorme fiamma al fragore di un gong che risuonava quando Kore veniva invocata. Clemente Alessandrino tramanda la parola d'ordine >>ho preso dalla cista; dopo aver compiuto l'atto, ho deposto nel canestro...<< circa i riti individuali compiuti dagli iniziati. Tertulliano attribuisce a questa cerimonia un simbolismo sessuale; in realtà poteva trattarsi di una più innocente macinazione rituale del grano. Una singola spiga mietuta veniva infatti contemplata in silenzio, mentre al grido collettivo "piovi! concepisci!" (ye, kye) sotto una luce splendente lo ierofante proclamava: "La dèa potente ha generato il sacro fanciullo Brimos, il Forte!". Doveva essere un'esperienza emotiva tale da non permettere di riferirne a parole: "il rispetto delle Dèe tratteneva la voce...". Non a caso la definizione di mysteria, che fu per la prima volta applicata ai riti di Eleusi, deriva dal verbo greco myein, "chiudere la bocca", piuttosto che gli occhi, dato che la "visione" era il clou della cerimonia, il mistico contatto con il divino, quando, a prestar fede ad Aristotele, non si imparava niente, pur ricevendo un'impronta indelebile. Nessuna meraviglia dunque che un complesso mitico-rituale come quello eleusino fosse presto attratto nella sfera politico-religiosa di Atene, divenendo uno dei suoi più importanti culti civici, utile a rinsaldare l'unità dello Stato. Accadeva così che i cittadini greci non ateniesi dovessero procacciarsi padrini locali, secondo l'esempio di Eracle, il primo straniero a essere iniziato, e chi avesse divulgato l'ineffabile, come era capitato all'ebbro Alcibiade, si macchiava di empietà ed era punibile con la pena capitale e la confisca dei beni. Ma quale segretezza speciale se l'iniziazione veniva vissuta da molte persone in una manifestazione "pubblica"? Più segreti erano i misteri dionisiaci che non venivano celebrati ufficialmente e in un santuario, in un'occasione non ripetibile altrove e in altri momenti dell'anno, ma in ambiti privati. A eseguirli erano soprattutto le donne, sebbene vi fossero ammessi anche i maschi, spesso giovanissimi. Non ci è dato di sapere cosa avveniva di notte all'interno delle pareti domestiche: lo immaginiamo ammirando le decorazioni della Villa dei Misteri a Pompei o della Farnesina in Roma. Un momento centrale del rito doveva essere la rivelazione del fallo in un vaglio per la spulatura (liknon) da parte dello ierofante che mostrava gli orghia, gli oggetti sacri, a ribadire l'importanza del "vedere" nell'iniziazione. Fondamentali anche la lettura dei testi sacri e la liberatoria bevuta finale. E allora si formavano cortei di iniziate danzanti nelle selve con corone d'edera, tirsi e fiaccole, gli attributi di Bacco, esaltate al suono di flauti e timpani fino a raggiungere l'estasi (l'essere fuori di sé) e l'entusiasmo (l'avere il dio dentro di sé). Ai monti, o Baccanti!
---
nel disegno, dal nostro archivio:
Frammento di un bassorilievo scoperto a Virnunum nel Noricum

Nessun commento:

Posta un commento